Frustrazione e Contenimento Emotivo

Autore: Fabio Pansera

Nel mio lavoro di psicologo ho notato, e sto notando, come la gestione della frustrazione si trasformi spesso in un ostacolo psicologico. Questa può essere considerata come la sensazione di malessere che si crea di fronte alla constatazione dell’impossibilità di realizzare pienamente un desiderio, frutto del divario esistente tra aspettative e risultati, tra idealità e realtà. “Vorrei ma non riesco”, “per arrivare all’obiettivo mi manca così poco ma non ce la faccio”.

l percorso di maturità psicologica di un individuo prevede la progressiva acquisizione della capacità di gestione delle emozioni, ma come sempre accade nei processi di sviluppo dinamici, ogni individuo ha un suo specifico tempo di maturazione, che deve essere rispettato. Così come la crescita fisica è soggetta a periodi di accrescimento e altri di consolidamento, così a livello mentale e affettivo assistiamo ad accelerazioni o decelerazioni nelle dinamiche di sviluppo.

Anche in questo caso il ruolo dell’adulto (genitore/allenatore/insegnante) è fondamentale poiché ogni crescita umana avviene all’interno di un contesto relazionale. Il neonato sente una sensazione strana nello stomaco che non sa definire, perché non ne ha ancora gli strumenti mentali, ed esprime il suo stato di malessere con il canale primitivo comunicativo a sua disposizione, il pianto. La mamma, figura adulta di accudimento, si avvicina, accoglie la richiesta di aiuto e con carezze e parole dolci sussurrate all’orecchio raffina l’emozione grezza e la restituisce in forma elaborata. “shhh tranquillo piccolo mio, non è niente, hai fame vero? Il mio piccolino ha tanta fame? Adesso la mamma gli da la pappa e passa tutto”.

Con questo rapido scambio verbale la madre ha dato un nome alla sensazione del bambino (fame), e gli ha mostrato la strada per gestirla e soddisfarla (mangiando). Nel corso dello sviluppo questo dialogo materno viene assorbito inconsciamente dalla nostra struttura mentale, così che di fronte al segnale di fame saremo noi stessi, autonomamente, a farne fronte. Il funzionamento di questo meccanismo, però, dipende dal livello di intensità dell’esperienza emotigena. Di fronte a una scarica affettiva forte il solo dialogo interno non basta, ma bisogna ricorrere alla presenza rassicurante e al supporto attivo di un amico, di un familiare o di una figura di riferimento. Questo è il senso dei funerali, ridistribuire sui presenti il carico schiacciante del dolore per la perdita, intessendo un rassicurante dialogo affettivo con i presenti.

Ecco allora che per la funzionale crescita psicologica del ragazzo è indispensabile prevedere, a casa, in campo e a scuola, un’azione di contenimento emotivo, così da costituire un contesto sicuro entro cui sperimentare, gradualmente, la propria affettività. L’adulto, quindi, è chiamato a leggere anticipatamente le reazioni emotive che una determinata esercitazione potrebbe scatenare: gli elementi della sfida, della difficoltà d’esecuzione, della prestazione solitaria, possono creare un senso di frustrazione per la non riuscita.

Un buon genitore, allenatore, insegnate, alla luce di queste conoscenze, dunque, dovrebbe legittimare l’emozione scatenata dando anche una chiave per gestirla: “attenzione ragazzi, questa esercitazione è molto difficile, proprio per questo ho voluto proporvela perché fa parte del nostro percorso di crescita. Probabilmente molti di voi, se non tutti, faranno degli errori, ma non preoccupatevi, è normale. So che l’errore può dare fastidio ma voglio che per ogni tentativo sbagliato riproviate con ancora più determinazione. Siamo qui per crescere e solo l’errore ci può insegnare a farlo”.

Fabio Pansera

Sono uno scienziato un esploratore, un muratore e un carpentiere dell’animo umano, consapevole di non essere altro che una piccola comparsa nella storia di vita dei miei assistiti ma felice di poter assolvere con professionalità e passione alla missione che dall’inizio della mia carriera mi infiamma il cuore: “ridare voce allo straordinario che è in ognuno di noi”.

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