De Donno aveva ragione: la nuova ricerca sul plasma iperimmune pubblicata dal Nejm

E così il “dottore di campagna”, come lui stesso si era definito, primario di pneumologia all’ospedale di Mantova, pioniere mondiale della cura con il plasma iperimmune contro il Covid19 e per questo trattato come un ciarlatano da diversi suoi colleghi e giornalisti, morto suicida nel luglio dello scorso anno: il dottor Giuseppe De Donno, aveva ragione. La sua cura era ed è efficace. Ad affermarlo è uno studio pubblicato sul prestigioso New England Journal of Medicine e condotta in doppio cieco randomizzato e controllato.

Le conclusioni più significative dello studio si possono sintetizzare in questi due punti: il primo è che “nei pazienti affetti da Covid19, la maggior parte dei quali non vaccinati, la somministrazione di plasma convalescente entro 9 giorni dall’insorgenza dei sintomi ha ridotto il rischio di progressione della malattia che porta al ricovero in ospedale”. Il secondo è che il plasma potrebbe presentare dei vantaggi rispetto agli anticorpi monoclonali i quali “sono costosi da produrre, richiedono tempo per l’approvazione e potrebbero non essere ampiamente disponibili duranti i picchi di infezione da Covi19”.

La ricerca, che porta come prima firma quella del dottor David J Sullivan, epidemiologo presso John Hopkin University, si è svolta nel periodo tra l’1 giugno 2020 e l’1 ottobre 2021 e si è avvalsa di 1881 pazienti che hanno ricevuto una trasfusione in media entro i primi 6 giorni dall’insorgenza dei sintomi, quindi in una fase considerata precoce. Dei soggetti arruolati nello studio, 592 sono stati trasfusi con plasma iperimmune e 589 con plasma non immunizzato, con la funzione di controllo. Dal diverso andamento della malattia tra i due gruppi si è potuta apprezzare l’efficacia della cura di cui il dottor De Donno si era detto convinto fin dalla primavera del 2020 (qui il suo intervento al Senato del maggio 2020). All’interno del gruppo trattato con placebo, infatti, 37 soggetti sono poi dovuti ricorrere al ricovero ospedaliero, mentre nel gruppo trattato con plasma immunizzato solo 17: una diminuzione del rischio relativo del 54%. Risultato che, secondo gli autori dello studio, migliora ulteriormente con il plasma somministrato in modo ancora più precoce, entro i primi 5 giorni dall’insorgenza della malattia.

I risultati dello studio sembrano dunque contrastare con quelli raggiunti dalla ricerca promossa da Aifa e ISS, infausta già dal titolo: Tsunami, la quale era giunta a conclusioni notevolmente diverse da quelle raggiunte dallo studio americano. Sul sito dell’ISS è infatti ancora possibile leggere che l’indagine “non evidenziò un beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi trenta giorni”.

Per quale motivo dunque i risultati delle due ricerche sono così contrastanti tra loro? Sembra di poter leggere una possibile risposta proprio all’interno dello studio pubblicato dal New England Journal Of Medicine, quando a un certo punto recita: risultati contrastanti “potrebbero essere dovuti alla mancanza di moderni progetti di studio, piccole dimensione del campione o a una somministrazione tardiva rispetto all’inizio della malattia”.

Molte testimonianze ci dicono che prima di togliersi la vita il dottor De Donno fosse profondamente deluso per il mancato utilizzo di una cura che, secondo lui, avrebbe potuto salvare molte vite, questa ricerca contribuisce però a restituirgli parte dei meriti che non gli furono riconosciuti finché era vita.

Fonte: byoblu.com